Una recensione sul film "Le fate ignoranti" di Ferzan Özpetek
Un’incidente d’auto: Massimo,
occupandosi del suo cellulare, viene investito. La madre di sua moglie Antonia
(Margherita Buy), medico come lui, le riporta l’eredità dall’ufficio. Fra le
cose del marito anche un quadro grande espressionista con una dedica sul retro:
Una persona, chiamandosi „fata ignorante“, ha regalato questo quadro a Massimo
dopo tanti anni amorosi.
Antonia intraprende tutto per
conoscere quest’amante di Massimo. Cercando indirizzo del mittente del quadro riesce
a trovare un appartamento in un palazzo romano: Là – aspettandosi che l’amante sia
una donna (che naturalmente non è, altrimenti la storia adesso sarebbe finita),
incontra un gruppo di gente che abita insieme: Omosessuali, bisessuali e
transessuali condividono l’appartamento che appartiene a Michele (Stefano
Accorsi), la „fata ignorante“ di Massimo.
L‘atmosfera durante il primo
incontro è denaturata: Lutto, disonestà, gelosia e diffidenza provocano litigi
fra gli abitanti dell’appartamento e la loro ospite. Ciò nonostante si
incontrano ancora qualche volta e mentre Antonia deve sapere che suo marito
aveva una seconda vita dove era proprio un altro uomo, Michele deve capire che
neanche nella sua vita condivisa e felice che sembra così perfetta c’era onestà.
In verità anche lui ora, dopo la morte
del suo amante, si mette a conoscerlo.
Così tutti e due devono imparare che
fra l’amore tra uomo e donna e gli altri tipi d’amore non c’è nessuna
differenza.
Il regista Ferzan Özpetek inscena la
prova di una connessione di una vita controcorrente e la borghesia:
Michele, che condivide tutta la sua
vita, la cucina, i suoi amanti, sua famiglia.
Antonia, che invece è tutta da sola:
Ne sua madre ne la colf sanno qualcosa del segreto di Massimo.
Mara, la transessuale, che dubita se
può ritornare al suo paesino d’origine meridionale.
Massimo, il medico adesso morto con
la doppia esistenza.
Serra, la turca non molto
convenzionale (già dall‘aspetto estetico), che ha un fratello viaggiatore che
però abita ancora a casa.
Purtroppo però fino alla fine del
film l’intenzione del regista rimane sconosciuta: Inizia tante storie, ma non
riesce a congiungerle coerentemente. La vita degli abitanti della convivenza
sembra un fiume agitato che si mescola con se stesso e altri, instabile e più
sembrante che essente.
Dall’idea di creare tanti personaggi
completamente diversi con le loro vite nasce sia confusione sia uno stato di
„mezzo“: Figure conosciute a metà, vite vissute a metà, amicizie rotte a metà.
Sicuramente il regista aveva un
motivo molto buono, ma la realizzazione meditata a metà non riesce a convincere
delle sue idee.
Un film che ci vuole fare pensare in
modo divertente e leggero – ma è troppo goffo per aguzzare il cervello
veramente.
Si rimane ignoranti.
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